Marc Quinn. Allanah, Buck, Catman, Chelsea, Michael…

Controversi, al confine del feticismo e dell’ammissibile, i lavori di Marc Quinn vengono ancora una volta esposti alla White Cube Hoxton Square (Londra). La mostra, che si chiuderà il 3 luglio, espone marmi, bronzi e statue in argento raffiguranti persone che hanno imposto al proprio corpo cambiamenti radicali come la chirurgia estetica, trattamenti ormonali, sbiancamento [...]

Controversi, al confine del feticismo e dell’ammissibile, i lavori di Marc Quinn vengono ancora una volta esposti alla White Cube Hoxton Square (Londra). La mostra, che si chiuderà il 3 luglio, espone marmi, bronzi e statue in argento raffiguranti persone che hanno imposto al proprio corpo cambiamenti radicali come la chirurgia estetica, trattamenti ormonali, sbiancamento della pelle, tatuaggi e trapianti.
Con i suoi lavori concettuali-figurati, l’artista britannico ci fa riflettere sulla fragilità della vita, sul concetto di bellezza e di identità. In definitiva ci domanda: quanta rilevanza ha, nella definizione della nostra identità, quella immagine che vediamo riflessa nello specchio?
Vita e morte si esprimono attraverso le trasformazioni del corpo. La fisicità quindi può diventare metafora quasi spirituale di questioni esistenziali, ma che succede quando queste trasformazioni sono inflitte volutamente? Si crea una rottura tra corpo e spirito? O semplicemente l’uomo si è solo liberato dal peso dell’apparenza fisica grazie alla scienza?
Marc_Quinn_B&AStatue come Catman (Dennis Avner, che si è fatto tatuare il viso come un gatto), o Allanah (Allanah Starr, un uomo che ha trasformato il proprio corpo nell’idealizzazione dell’immagine femminile, pur continuando a mantenere il proprio sesso) sono raffigurazioni di eccessi. É quasi impossibile racchiudere questi personaggi in una categoria: essi si pongono oltre i generi e la corporeità. Il senso di identità viene rimessa tutta in gioco e non è più legata al corpo. Per questo le opere oggi esposte alla White Cube, anche se raffigurano persone reali, sono molto più di questo,  sono dei concetti, delle idee.
Ricordando opere come Self (1991, un autoritratto scultoreo realizzato con 4,5 litri del proprio sangue) l’artista riconosce che i sui lavori possono essere disturbanti, ma non si reputa un artista interessato allo shock [1]. Egli invece sottolinea l’importanza del materiale o dell’immagine come forte mezzo per svelare una certa realtà. In poche parole Marc Quinn concorda con Machiavelli: “il fine giustifica i mezzi”. Nel caso della mostra in corso, lo shock è dovuto dall’uso di materiali e tecniche tradizionali, ma con soggetti inaspettati: una statua in argento, come Buck, quasi classica, ma rappresentante una porno star (Buck Angel, produttore e star di film per adulti conosciuto dai media come “a man with a pussy”). Anche l’iconografia tradizionale viene usata con questo effetto, Buck & Allanah rappresentati come i nuovi Adamo ed Eva.
Similmente ad Allison Lapper (esposta nel 2007 in Trafalgar Square sul Quarto Piedistallo), anche qui c’ è un capovolgimento delle aspettative, quasi un ossimoro concettuale che porta alla luce stereotipi mettendo in discussione idee prestabilite.
L’artista, ormai da tempo riconosciuto, si trova da poco anche esposto alla National Potrait Gallery con una delle versioni di Self. Da segnalare anche la mostra  Artist Room: Damien Hirst alla Tate Britain (aperta fino al 27 Marzo 2011), in cui sono esposte le famose opere Monument to the Living and the Dead (2006) e Away from the Flock (1994) di Hirst , artista leader negli anni ‘90. Tutti questi lavori sono una magnifica testimonianza dell’arte dei Young British Artis (YBA). Un’arte che pone le sue radici nella pop art, e dove riflessione e shock vanno a braccetto, senza però mancare di stupirci con la sua maestria tecnica e la sua ricchezza concettuale. Certo è difficile scindere la qualità di queste opere dal loro effetto mediatico, ma del resto che cosa è più scioccante: le trasformazioni che l’essere umano è capace di infliggersi o la loro rappresentazione in arte?

[1] Preece, R. (2000) ‘Just a load of shock?: An interview with Marc Quinn’, Sculpture, Ottobre, pp.15-19

Livia Dubon Bohlig

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