Tassonomie del mercato hi-tech, all’IFA di Berlino

La segmentazione con cui l’IFA di Berlino classifica i prodotti in esposizione fornisce un percorso (riflettiamo su quanto sia esso significativo o indispensabile) per districarsi all’interno di una tra le più importanti Fiere dedicate all’industria tecnologica.
Giunta alla sua venerabile 50esima edizione, l’IFA presenta un’innovazione tecnologica, globalizzata e condivisa dal Mercato, quello ufficiale, che si ricompone [...]

La segmentazione con cui l’IFA di Berlino classifica i prodotti in esposizione fornisce un percorso (riflettiamo su quanto sia esso significativo o indispensabile) per districarsi all’interno di una tra le più importanti Fiere dedicate all’industria tecnologica.

Giunta alla sua venerabile 50esima edizione, l’IFA presenta un’innovazione tecnologica, globalizzata e condivisa dal Mercato, quello ufficiale, che si ricompone su una struttura di 7 sezioni. Una ripartizione semplice e chiara, che si offre da guida, e che diventa una chiave di lettura forte, ma su cui si continua a riflettere forse non del tutto  convinti.

Una frase in particolare incuriosisce per il tono eccessivamente rassicurante: The seven sections feature the entire range of brands, products and innovations in all their diversity.

Le sezioni dell'IFA di Berlino

Anche se risultano assenti branche fondamentali della ricerca hi-tech, dalla chimica alla fisica, alla biologia, alle risorse alternative,  etc., la segmentazione, si dirà, è funzionale alla fruizione di una Fiera consumer che si snoda su diverse migliaia di metri quadrati.

Tuttavia, lo confessiamo, qualche sospetto sull’orientamento circense delle scelte resta, ancor quando perfettamente giustificato dall’andazzo sociale e un po’ fricchettone di un’utenza del mercato tecnologico che all’usa e getta ha preso gusto e non rinuncia più.

Così, nonostante l’apparente semplificazione dei 7 segmenti, ci si trova di fronte ad una quotidianità di prodotti pressoché identici, alquanto uniformi anche nel design, orientata su strumenti e scelte comuni come il dilagare delle tecnologie touch screen, con aree di lavoro sempre più circoscritte, e il prevalere dell’uso dell’immagine sui linguaggi codificati a più basso livello, compreso l’ipertesto.

La psicopatologia degli oggetti quotidiani, quella della Caffettiera del Masochista di Donald Norman, è superata (bel guadagno per l’entertainment!), tuttavia la tentazione di una lettura alla Duchamp, in cui il frullino ad immersione finisce nello stand delle telecomunicazioni, o in cui la voce di un GPS si affianca all’encoder turntable vinile/mp3, resta forte, anche in presenza del più genuino amore per l’elettronica.

Così, si coglie lo strano comportamento dell’oggetto tecnologico in Fiera: l’alto contenuto specifico risulta adombrato dal contenitore commerciale, che nulla, ovviamente, ha di specifico. La targetizzazione del prodotto diventa l’esigenza primaria affinché ognuno possa decidere in modo sbrigativo quando e cosa vedere. L’oggetto è “bello” ma fa da contorno all’esigenza “fondamentale” e predatoria dell’acquistare. La consapevolezza della rapidissima obsolescenza di ciò che si porterà a casa acuisce l’impellenza del suo possesso: “presto l’aggeggio sarà pronto per essere rivenduto su ebay ad 1/10 del prezzo di acquisto, tanto ne vale fare in fretta e avere le idee chiare”.

Torniamo alla segmentazione del campo tecnologico; il concetto di “funzionale”, dunque, piace, anche in contesti di puro Entertainment. Esso si sposa con il concetto di una tecnologia che stressa ma dalla quale non possiamo allontanarci. Ecco allora l’impressione che questo sincero anelito all’essenziale, al pratico, al comodo, all’immediato, da parte della progettazione hi-tech, si innesti a fatica sulla ridondanza dei principi di mercato e che le gabbie della tassonomizzazione, ancorché pratiche ne acuiscano alquanto lo stridore.

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