dal 11.11.2010 al 28.2.2011 :: Educazione europea / ARTECONTEMPORANEA Bruxelles, Bruxelles

Un curatore è spesso tentato, nel costruire una mostra, di invitare artisti che abbiano in comune l’uso del mezzo usato — per esempio la fotografia o la pittura — o una tematica condivisa. Se ci si limitasse a questi aspetti un’esposizione in cui sono presentati insieme i lavori di Margherita Morgantin e di Enzo Umbaca [...]

Margherita Morgantin, “Untitled”, 2009. Installazione, struttura in legno e salvagenti, cm 220 x 220 x 220

Un curatore è spesso tentato, nel costruire una mostra, di invitare artisti che abbiano in comune l’uso del mezzo usato — per esempio la fotografia o la pittura — o una tematica condivisa. Se ci si limitasse a questi aspetti un’esposizione in cui sono presentati insieme i lavori di Margherita Morgantin e di Enzo Umbaca sarebbe poco più di un pretesto. Al contrario credo che una mostra che nasce accostando i loro progetti e le loro opere abbia più di una valida motivazione. Innanzi tutto penso si possa facilmente percepire nei loro lavori uno spirito comune, un’affinità che va al di là di mezzi o soggetti che solo saltuariamente possono risultare simili. Tale condivisione nasce da un’attenta quanto critica visione della realtà che induce entrambi gli artisti a indagare aspetti poco spettacolari della nostra società, ma che risultano, a un’attenta analisi, emblematici delle contraddizioni che caratterizzano la nostra epoca.
I loro lavori si potrebbero definire “politici” se tale parola (soprattutto in un contesto italiano) non entrasse in risonanza con troppi aspetti negativi o, se si vuole essere più ottimisti, retorici. Politici perché la loro lettura della realtà cerca di sondare anche le ricadute sociali di regole, scelte, abitudini o modi di pensare. Non rinunciano, quindi a un dialogo (anche critico) con l’ambiente…Se invece dovessimo individuare delle distanze, le cercherei nel loro diverso, quasi opposto, modo di usare gli aspetti relazionali del lavoro. Mi sembra che in diverse occasioni il lavoro di Enzo Umbaca parta da intuizioni o idee dell’artista che, a causa del contatto con gli altri e degli stessi meccanismi di costruzione, si trasformi nel corso del processo… La relazione con gli altri, gli intercessori (per usare una parola familiare a Deleuze e Guattari), sono fondamentali anche per Margherita Morgantin, ma, a differenza di Umbaca, ho l’impressione che spesso agiscano prima. Fonti scritte, incontri, film, episodi quotidiani, discussioni e, non ultima, una lettura scientifica della realtà, possono essere presi come spunto da rielaborare, da riformulare attraverso il filtro delle proprie sensazioni. Le idee o le vicende narrate da altri possono essere un punto di partenza, un territorio comune fondamentale, ma è altrettanto importante, quindi, nel processo creativo della Morgantin, una elaborazione singolare e quasi solitaria di tali elementi… Usando altre parole, davanti al lavoro di Umbaca ci si trova coinvolti in un incontro, mentre le opere della Morgantin ci prendono per mano e ci fanno vedere la nostra realtà attraverso i suoi occhi. Ho spesso avuto la sensazione che i lavori di Margherita si dovessero leggere come un libro mentre a quelli di Enzo si dovesse partecipare (anche se raramente ci sono elementi performativi)…
Per realizzare le opere in mostra entrambi sono partiti dalla centralità del luogo espositivo, una galleria nel cuore della città di Bruxelles sede di parte delle istituzioni della Comunità Europea, per ragionare sulle contraddizioni della nostra società, per ragionare sul nostro essere europei e cosa potesse significare. L’educazione europea evocata ironicamente dal toccante romanzo di Romain Gary è forse ancora da costruire anche se l’epoca buia della Seconda Guerra Mondiale, in cui si muovevano i protagonisti, è, per fortuna, distante nel tempo e nelle forme che la violenza e la disperazione avevano preso. Ma nonostante questo credo che scrivere libri, comporre musica, costruire opere d’arte rimangano fondamentali rifugi, nascondigli dove prendersi cura di “tutto quel che impedisce all’uomo di abbandonarsi alla disperazione, tutto ciò che gli permette di avere una fede e continuare a vivere”.
Umbaca ha voluto riportare all’attenzione la figura del musicista-operaio Peter De Geyter, autore della musica dell’Internazionale. Nel video prodotto troviamo, infatti, una musicista che davanti alla statua di De Geyter a Gand suona al contrario le note del famosissimo inno. Il lavoro, in questo modo, denuncia l’esiguo spazio lasciato alle utopie e alla fratellanza tra gli uomini anche all’interno di un’organizzazione sovranazionale come la Comunità Europea; nello stesso tempo sottolinea come non ci possa essere spazio per nostalgiche riproposizioni di ideologie che hanno dimostrato, nel corso del tempo, tutti i loro limiti.
Margherita Morgantin presenta un rettangolo di elmetti protettivi, usati nei cantieri, di colore blu, a ricordare la bandiera della Comunità Europea. Sopra di loro dodici stelle rosse, di chiara produzione cinese, creano un cortocircuito tra ideali e interessi economici, tra diritti e sfruttamento del lavoro, tra democrazia e processi di globalizzazione. Quest’immagine ambigua, che si presta a letture differenti, sarà affiancata da una copia di alcune normative europee sulla salvaguardia degli uccelli migratori…

Roberto Pinto

In planning an exhibition, the curator may be tempted to invite artists sharing the same medium – e.g. photography or painting – or a common topic. By these criteria, bringing together Margherita Morgantin and Enzo Umbaca would amount to little more than a pretext. This notwithstanding, I think that joining their projects and works is fully justified and justifiable. First of all, one can easily perceive much the same spirit, an affinity reaching well beyond the occasional pairing of media and topics. This affinity springs out of a vision of society both careful and critical, which pushes the artists to focus on less than spectacular facets of real life. Under closer scrutiny, though, these facets symbolically embody the contradictions of our times.

Their works might be dubbed ‘political’ – admittedly a word carrying a derogatory, or at best a rhetorical, bias, in the Italian context particularly. At any rate, I do say political since their reading of reality aims at probing the social side-effects of rules, choices, customs, or ways of thinking. Though critically, a dialogue is thus entertained with the environment…

On the other hand, the divide is probably the different, indeed almost opposite, treatment of the works’ relational facets. Enzo Umbaca often seems to start from his own intuitions/ideas, and lets them change as others step in and because of the works’ building tools themselves…The relationship to others (Deleuze’s and Guattari’s intercessors,  or mediators) is equally crucial for Margherita Morgantin, though (at odds with Umbaca) it seems to work beforehand. Written sources, contacts, movies, everyday events, discussions, and, last but not least, a scientific reading of society, may be the starting cues, providing a crucial common environment. But Morgantin’s creative process truly unfolds through an individual, almost solitary, elaboration of those elements…Otherwise put, Umbaca involves us into a relationship, whereas Morgantin drives us toward a vision of reality mediated by her own eyes.   I have often been feeling that Margherita’s works were to be read like a book; on the other hand, Umbaca calls for participating (though seldom by performance    actions)…

The works have been conceived with an eye to the centrality of the exhibition’s space, an Italian gallery placed in the very hearth of Brussels and its European institutions. Obviously enough, the aim is to meditate over societal contradictions, our being Europeans and the related meaning(s). An European education as ironically evoked by the touching novel of Romain Gary has perhaps yet to materialize; though the World War II bleak times lived by his protagonists are over, I maintain that writing, composing music, creating artworks are crucial shelters, hideouts for taking care of “all what prevents men from falling into despair and allow them to believe in something and keep alive”.

Umbaca draws attention on the worker/musician Peter De Geyter, the composer of the Internationale. His video shows a musician playing backwards the worldwide most celebrated hymn in front of De Geyter’s monument in Gent: it is partly a denunciation of the tiny room left for utopia and human brotherhood even in the core of trans-national EU institutions; on the other hand, the underlying ideologies and their historical failures are emphasized and denied any chance of nostalgic comeback. In turn, Margherita Morgantin shows a rectangular assemblage of workers’ safety helmets. They are blue like the EU flag, and are topped by twelve red stars of explicit Chinese coinage. The emphasis is on the short-circuiting of ideals and economic interests, of human rights and work’s exploitation, of democracy and the globalization process. This ambiguous, multilayered image lends itself to several readings and will be flanked by copies of some EU directives on the protection of migratory birds: a message of environmental hope couched in normative tools.

Roberto  Pinto

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Sede: ARTECONTEMPORANEA Bruxelles, 22 Rue des Chevaliers  Ixelles – Bruxelles
Date: 11 Novembre 2010 – 28 Febbraio 2011
Orari: Dal Lunedì al  Venerdì, dalle ore 11.00 alle ore 13.00; dalle ore 16.00 alle ore 20.00. Altri giorni su appuntamento.
Vernissage: 11 Novembre, ore 19.30
Autori: Margherita Morgantin, Enzo Umbaca
Curatore: Roberto  Pinto
Info: Rosa Anna Musumeci; mb. +32 (0)496673316 | mb. +39 330692388 |  www.artecontemporaneact.com | info@artecontemporaneact.com
Genere: Doppia Personale, Arte Contemporanea, Videoarte

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