Tra il 20 e il 22 gennaio le stanze del Palazzo Re Enzo di Bologna sono state prese d’assedio dai suoni, i rumori, la musica e le luci di Netmage 11. Un caos ordinato di architetture sonore, immagini in movimento, performance e ‘cinema espanso’ ha proiettato l’Emilia nel cuore dell’avanguardia artistico-mediale, almeno per tre, fredde, serate.
Netmage, International Live Media festival, giunto alla sua undicesima edizione, si conferma appuntamento fisso di grande richiamo, che apre il periodo delle manifestazioni legate al contemporaneo dell’inverno bolognese.
Durante le giornate festivaliere la città delle torri si trasforma, diventando spazio prediletto in cui discutere circa l’evoluzione delle arti nell’epoca post-rivoluzione digitale: si mettono alla prova le realizzazioni più originali, si confrontando idee e strumenti, tenendo sempre ben chiaro in mente che nulla di quanto viene esposto, suonato, proiettato, messo in scena e condiviso col pubblico può ritenersi un lavoro concluso e in sé definito.
Quello che i due curatori, Daniele Gasparinetti e Andrea Lissoni, ci propongono è, piuttosto, un fluire continuo d’intuizioni, invenzioni e accorgimenti tecnici, disposti negli ambienti senza soluzione di continuità, come semi gettati al vento nella speranza di poter intravedere presto i primi germogli.
Nell’edizione di quest’anno abbiamo potuto assistere alla presentazione di lavori di veri pionieri del cinema sperimentale, come il duo tedesco Thomas Köner/Jürgen Reble, che ha proposto la live-media performance Camera Obscura, un lavoro particolarissimo, basato sull’interazione tra immagini e musica elettronica, il cui montaggio finale viene eseguito dal vivo dai due autori, coinvolti in qualcosa di simile a una jam session multimediale.
Un’altra autorità del ‘cinema espanso’, Bruce McClure, si è presentato con una rielaborazione del lavoro Se volessi fare un fuoco che seza dano infuocherebbe una sala, farai così, performance di live-cinema già eseguita in Italia nel 1999, e rimessa a nuovo appositamente per Netmage 11; mentre nel progetto The Room, fondato sulla fusione di cinema e lavoro sonoro, appare il nome di Luke Fowler, giovane artista la cui consacrazione è stata definitivamente sancita dalla personale del 2009 alla Serpentine Gallery di Londra.
Accanto alle realizzazioni dei grandi nomi internazionali gli organizzatori hanno posto quelle di artisti ancora emergenti, ma non meno interessanti. Si veda la performance audio-visiva Russian Mountains, nata dalla collaborazione tra il duo italiano Barokthegreat e il musicista olandese Michiel Klein, o il lavoro Life kills dell’italiano Massimiliano Nazzi, installazione in cui degli aspirapolvere, degli asciugacapelli e altri macchinari sonori appositamente assemblati dall’artista si compongono a creare un disordine unitario, che conquista lo spazio con la sua presenza tanto fisica quanto acustica. Dall’object trouvé di memoria dadaista all’ambiente Fluxus; d’ispirazione Fluxus è anche il lavoro dei francesi Gaëtan Bulourde e Olivier Toulemonde, che nella loro rumorosa performance Not every object used to nail is a hammer fanno proprio il motto di Robert Fillou, secondo cui un artista “deve essere buono a nulla per essere bravo in tutto”.
Per quanto riguarda il versante più prettamente musicale di Netmage (anche se la divisione visivo/sonoro è qui sempre molto labile) bisogna segnalare Criptofonia, un concerto per farfisa, fruste e microfoni remotati, eseguito durante la serata d’apertura della rassegna dal gruppo italiano ZAPRUDERfilmmakergroup, e Quadrologia Pentacònica, performance audiovisiva in cui immagini e video si succedono senza incontrarsi, opera del gruppo Portoghese Calhau!, che ama combinare fado, musica elettronica e psichedelia.
Inoltre Netmage 11 ha proposto due lavori inediti degli artisti statunitensi James Ferraro e Prince Rama, il primo con Toilet toad T.V overdrive presenta al pubblico italiano il suo pop ipnagogico, mentre i secondi con I want My life back, lavoro live-media pensato appositamente per il festival bolognese, costruiscono il loro personale universo post-hippie, componendo un collage di mantra d’ispirazione Krishna, colonne sonore horror, rap, musica elettronica, voci e percussioni.
Tirando le somme Netmage somiglia a un baule pieno di possibilità e spunti per l’arte del domani: è un evento che nel mettere alla prova il presente riconsidera il passato, e guarda al futuro.
Usando le parole degli organizzatori: “Netmage 11 continua a chiedersi quale sia lo stato dell’immagine nell’epoca di una cultura -come quella della rete- che nel 2000 potevamo solo sospettare quanto avrebbe cambiato il mondo. Questa del 2011 è un’edizione in cui si combinano sottoboschi fungosi con silenzi glaciali, affastellamenti tumultuosi con schiocchi di frusta… tocchi, colpi e battiti divertiti, performance audiovisive balzane e sequenze di puro luce/suono, poltiglie post-televisive devastate e sfuriate sinestetiche suprematiste, escursioni nella tradizione vernacolare carnevalesca, ed incursioni nell’architettura mai esausta d’interni d’albergo, ma anche video e pellicola, analogico e digitale, folclore e religione, festa e rigore”[1].
A Bologna abbiamo assistito a un libero confronto tra immaginari artistici di autori, organizzatori e fruitori finali, e se è vero che la civiltà della rete vive la comunicazione come un bisogno primario è corretto affermare che quest’evento rispecchia con precisione le dinamiche dei nostri tempi.
Chiara Cartuccia
[1] Daniele Gasparinetti, Andrea Lissoni, Netmage 11. Catalogo della mostra, Bologna 2011.
Tag:Electronic Art Festival, Installazioni, performance
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