Remastered / One Marylebone, Londra

L’antico tradotto nel futuro, il passato proiettato all’avanguardia, tredici grandi capolavori rivisitati per celebrare le ultime applicazioni tecnologiche in campo artistico animano la mostra Remastered, nata da una intensa collaborazione tra Intel e Jotta, collettivo di designer e artisti, allestita nella meravigliosa chiesa di One Marylebone (Londra) e, naturalmente, accessibile anche on line.
Il nostro passato [...]

L’antico tradotto nel futuro, il passato proiettato all’avanguardia, tredici grandi capolavori rivisitati per celebrare le ultime applicazioni tecnologiche in campo artistico animano la mostra Remastered, nata da una intensa collaborazione tra Intel e Jotta, collettivo di designer e artisti, allestita nella meravigliosa chiesa di One Marylebone (Londra) e, naturalmente, accessibile anche on line.

Il nostro passato pittorico vorrebbe essere molto di più di una tematica per questo evento. Dietro le stupefacenti tecnologie, infatti, si nasconde una riflessione sull’uso dei nuovi media come forma artistica e come mezzo creativo per il presente e il futuro: come plasmano le nuove tecnologie la produzione artistica? Sono capaci di dar origine a nuove forme creative?
Con un meraviglioso apparato di documentazione il progetto segue passo a passo i 13 artisti e designer che hanno intrapreso questo interessante esperimento: dall’ intrigante rilettura 3D in chiave londinese di Friedrich a opera di Rafael Pavon, al Food Design dei Bompas&Parr che, ispirandosi all’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci, crea un umoristico e pregnante memento mori.

Robert Corish, “Vibrating Light”. Studio preparatorio

La mostra sicuramente stimola la riflessione e la curiosità verso queste nuove forme d’arte, ma, ricordando la lotta che affrontò la fotografia nel suo fiorire, dà l’impressione di essere più un’apologia della tecnologia come forma d’arte, mancando così di freschezza.  Reinterpretare i vecchi maestri può risultare un esperimento giocoso, ma rischia di ridurre la vera potenzialità delle creazioni, slegandole da una contemporaneità che ha sempre più bisogno di risposte vere e intime. Questa sensazione viene parzialmente alleviata dai lavori più concettuali come quelli di Vanessa Harden e Stuart Bailes. Il progetto sembra comunque fermarsi a una riflessione principalmente formale, e a parte rari casi come il incantevole lavoro fotografico di Sara Hibbert, manca di una vera coerenza e profondità estetica.
Partendo dalle ballerine di Degas, la Hilbert descrive con maestria la delicatezza e la fragilità degli esseri umani.  Con la complicità della fotografia digitale, moving image e una luce stroboscopica l’artista dà vita ad un’installazione con quattro proiettori digitali catturando momenti di transizione: cinematici ritratti di stati umani, poetici e inquietanti al contempo.
In altri lavori invece il legame con i maestri del passato spesso risulta poco convincente. Forse anche perchè più che richiamarsi o ispirarsi ai grandi, alcune opere sembrano copiare o non comprendere fino in fondo la poetica dei lavori originali. Una felice eccezione è però Robert Corish con la sua installazione sonora che reinterpreta letteralmente lo Spirituale di Kandinsky. Un’animazione creata da Corish in After Effects e proiettata su un foglio riflettente di pellicola lenticular crea raggi di luce che vibrano e si deformano con l’emissione da un autoparlante della sinfonia elettronica appositamente composta da Corish: impressioni di colori fluttuanti che ricordano la ricerca della forma primordiale.
Ricordando Walter Benjamin, che parlò della fotografia come agente trasformatore dell’arte, la questione non è se la tecnologia possa creare arte o se influenzi la produzione artistica, ma piuttosto se possa trasformare la natura stessa dell’arte.
Remastered comunque raggiunge nel suo complesso il suo obiettivo primario: mostrare l’affascinante strada della illimitata espressione del futuro. Vale la pena visitare il sito: http://www.intel.com/en_uk/remastered/index.htm

Livia Dubon Bohlig

In home page “Vibrating Light” di Robert Corish



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