The Office Contemporary Art è un nuovo spazio espositivo romano, inaugurato nel 2010 a pochi passi dalle meraviglie dorate della Domus di Nerone, all’interno della sede della società cinematografica Orisia produzioni, fondata da Cristiano Bortone. Il seminterrato minimale accoglie dal 16 giugno la rassegna curata da Alessio Verzenassi, che presenta i corti girati da Pappi Corsicato dal 1995 al 2009 su sei artisti italiani, e un loro gruppo di opere.
L’evento si svolge nell’ambito dell’edizione 2011 di Arcipelago, il principale festival italiano di cortometraggi e nuove visioni, lo stesso che per primo rivelò il talento del regista napoletano. Formatosi alla scuola di Pedro Almodovar, Pappi Corsicato ha incamerato le atmosfere di ‘capotiana’ memoria dello straordinario maestro, in cui l’attenzione all’arte contemporanea è una delle componenti vitali. Lo descrivono in tal senso le collaborazioni con il MADRE, il museo di arte contemporanea nel cuore di Napoli, ‘sgarrupato’ nella gestione e pericolante quasi quanto la tanto bistrattata Parthenope, ma vivo e palpitante, come l’acronimo che richiama il più forte e primigenio legame di sangue. Comune denominatore dei corti di Corsicato è proprio Napoli, teatro delle installazioni degli artisti presenti in mostra, riprese dal regista durante gli allestimenti. I racconti, intimi e poetici, si soffermano sui momenti artistici solo un attimo prima che il filmato sconfini nel reportage, coinvolgendo operai e passanti, oltre agli artisti-registi. Ne sono uno splendido esempio Offertorio e La montagna di sale. Il primo è un video del 1996 dedicato a Jannis Kounellis, che racconta il posizionamento di una lunga lastra di metallo da cui fuoriescono lingue di fuoco nel mezzo di piazza del Plebiscito, contemporaneamente dalla volta del portico della chiesa di San Francesco di Paola pendono più di duecento armadi, sorretti da pesanti funi. È un filmato fortemente ‘materico’ e al contempo soffusamente magrittiano, animato dagli oggetti quotidiani che spesso ricorrono nelle opere di Kounellis, riassunti lapidari di memoria e di presente.
La montagna di sale racconta il grande allestimento realizzato da Mimmo Paladino nel 1995, anch’esso nella rotondità borbonica di piazza Plebiscito.
Tutti i filmati sono fruibili su tablet Samsung Galaxy posizionate accanto alle opere, nell’intenzione di alternare la visione dinamica del corto a quella contemplativa delle opere pittoriche. In effetti i supporti utilizzati dalla piattaforma Android, che pure rappresentano la risposta ‘democratica’ ed efficiente alle seducenti rotondità della “Mela”, riducono notevolmente l’intensità dei racconti, per i quali l’ideale sarebbe stato il canonico e mai superato maxischermo. Si farebbe volentieri a meno anche degli auricolari, lasciando così a una leggera e un po’ inquietante eco “da seminterrato” la possibilità di sottolineare teatralmente l’efficacia delle immagini. Il dolore che è nella genesi stessa della Montagna di sale non può essere costretto nel piccolo schermo di una tablette. E il piccolo schermo di una tablette non può sostenere il ricordo del terremoto di Gibellina, dove nel 1990 il grande maestro beneventano allestì per la prima volta il grande cono di sale: era la quinta de La sposa di Messina, spettacolo teatrale di Schiller, e, allo stesso tempo, la materializzazione della “fuoriuscita” palpabile del dolore provocato dalla distruzione. L’evento, riprodotto splendidamente cinque anni dopo nel Foro Ferdinandeo, è al centro del filmato di Corsicato, che è riuscito a raccontare l’entusiasmo dei napoletani e di quanti su quella montagna di sale da cui emergono teste e mezzi corpi di animali in bronzo si sono arrampicati, l’hanno scomposta, l’hanno squassata, hanno riso, hanno ricordato.
Ma la rassegna romana ha il pregio di riunire sei Maestri in un percorso fortemente espressivo, per quanto minimale, ed è significativo che si svolga in contemporanea alla grande mostra in corso a Venezia, alla Fondazione Guggenheim, dedicata alla collezione di Ileana Sonnabend: una donna straordinaria che seppe intuire la portata di un gruppo di artisti legati dal destino comune di aver rivoluzionato il mondo dell’arte, «peintre[s] de la vie moderne», come li avrebbe definiti Charles Baudelaire. Ecco allora Jannis Kounellis, con la sua urgenza poetica e polimaterica, esordiente proprio a Roma nei primi anni ’60. Luigi Ontani, intellettuale e sperimentatore, recentemente insignito del Premio McKim 2011 dall’American Academy in Rome per celebrare i 45 anni di carriera, un premio tributato a personaggi come Renzo Piano, Cy Tombly, Umberto Eco. Mimmo Paladino: «Nell’opera di Paladino, come nella poesia di Baudelaire, ‘foreste di simboli’ si sviluppano sotto gli ‘sguardi familiari’ dell’artista, in un equilibrio senza contrasti tra natura e storia, organicità e memoria, romano e gotico, avanguardia e tradizione …» (Achille Bonito Oliva, Transavaguardia, in «Art & Dossier», n. 183, 2002). Giulio Paolini, regista acuto del rapporto tra le opere, lo spazio espositivo, il tempo e lo spettatore, maestro del ‘rispecchiamento’ e del ‘ribaltamento’, della mimesi e del ‘doppio’. L’esperienza diretta sul colore di Ettore Spalletti e, infine, le alchimie materiche riassunte dal simbolo a forma di stella di Gilberto Zorio.
Valeria Santoleri
Mostra visitata il 20.6.2011
SCHEDE