Riunendo i lavori di più di quaranta artisti, tra i quali Maurizio Cattelan, Anish Kapoor, Cindy Sherman e Kiki Smith, i curatori dell’esposizione Gianni Mercurio e Demetrio Paparoni, propongono un’analisi critica sulla contrapposizione tra il surrealismo del XX secolo e il registro surreale utilizzato da molti artisti contemporanei.
Se è pur vero che la produzione artistica, in quanto strettamente legata a un processo creativo al quale partecipa consistentemente la fantasia, ha dato mostra di certa visionarietà già in epoca remota (basti pensare alle opere allucinate di Hieronimus Bosh), è a partire del movimento surrealista che l’immagine fantasiosa entra a formare parte delle consuetudini artistiche e lì permane ancora oggi. Ma ciò che persiste come norma estetica ha subito profondi cambiamenti in termini comunicativi e, come è auspicabile, si è fatta portavoce di una società molto diversa.
I surrealisti del secolo scorso si videro testimoni di una rivoluzione culturale che, grazie al radicamento delle nuove teorie psicoanalitiche, assegnava all’individuo una nuova consapevolezza, incentrata sul riconoscimento di una forma di pensiero inconscia. Tale cognizione convalidava l’uso, nella pratica artistica, di sistemi creativi basati sulla libera associazione di idee e sulla rappresentazione del mondo interiore, il quale lasciato libero di manifestarsi origina immagini oniriche facilmente riconoscibili come fantasiose.
Indubbiamente si può rintracciare nell’opera di una buona parte di artisti contemporanei certa familiarità con l’immaginario fantastico dei surrealisti, eppure, con la stessa immediatezza, si può percepire una maniera diversa di ricorrere al surreale, atteggiamento nuovamente imputabile a una trasformazione culturale.
La rivoluzione tecnologica e la conseguente globalizzazione e mediatizzazione della realtà, hanno reso possibile quella spettacolarizzazione profetizzata da Guy Debord che, portata agli estremi odierni, ci ha reso incapaci di effettuare una discriminazione tra reale e falso, e secondo cui percepiamo immagini vere come false e riproduzioni fittizie come reali.
L’avvento di internet, la diffusione dei media, applicazioni informatiche come Photoshop e l’alienante volontà di ridurre la realtà al servizio dello show-business, hanno attivato una norma che prevarica l’attendibilità dell’immagine documentaria in favore di un continuo ricorso alla manipolazione di informazione e immagini, generando nella coscienza collettiva un nuovo codice di lettura del mondo.
A questo gioco dei doppi tra verità e finzione, si riferiscono gli artisti del surreale che, in risposta alla logica dei mezzi di comunicazione, ritraggono i comportamenti paradossali che ne derivano, creando immagini surreali, che risultano difficili da accettare come reali.
Seppure i contorni sembrano tracciare ancora la sagoma di un mondo immaginario, non si tratta più del riflesso di un inconscio perturbato della realtà, ma del ritratto, immortalato del vero, di una realtà perturbata da una nuova concezione di essa.
Eleonora Scherini
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Sede: IVAM Institut Valencia d’Art Modern – Valencia
Date: 6 Ottobre 2011 – 8 di Gennaio 2012
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