Infinitamente 2012. Festival della cultura scientifica e dell’arte, ideato dall’Università degli Studi di Verona in collaborazione con il Comune di Verona, quest’anno, giunto alla sua quarta edizione, sceglie come tema conduttore la relazione tra tempo, spazio e infinito. Tra i numerosi appuntamenti inseriti nel fitto calendario, decide di mostrare per la prima volta in Europa, le opere di Cecelia Webber (www.ceceliawebber.com), giovane artista americana che, da diversi anni, smesso il camice del neuroscienziato, ha preferito vestire gli abiti dell’illusionista.
Le illusioni della Webber non hanno però nulla a che vedere con i conigli nascosti nei cilindri, o con altri trucchi bizzarri. Le sue sono illusioni di tipo digitale. Sfruttando le più raffinate tecniche della manipolazione fotografica, la Webber, come un moderno Harry Houdini, gioca sui confini della realtà e dell’illusione, catapultandoci nell’eterno scontro tra mimesis e riproduzione del reale.
Un occhio disattento identificherebbe nella collezione di fiori e di farfalle, che l’artista ci offre di esplorare, un espediente di facile intrattenimento. Per sedare invece l’appagamento estetico di un occhio curioso e impavido, l’artista non permette altra scelta, che non sia quella di seguirla nel profondo dei propri congegni digitali.
Le opere della Webber chiedono un coinvolgimento estetico totale, e una volta garantito questo patto, riservano la rivelazione della trasgressione per eccellenza: la violazione della distinzione tra naturale e artificiale. La partecipazione a questo tipo di rivelazione, richiede di fare un passo avanti, di avvicinarsi fisicamente all’immagine, dimenticando la figura generale, per entrare nel particolare e scoprire nuove forme organiche, scrigni di una ginnastica da camera tanto meravigliosa, quanto mostruosa.
Le rappresentazioni della Webber sono innesti digitali tra elemento umano e vegetale. Sono miscele inestricabili che inquietano e stordiscono, capaci di suscitare un effetto perturbante, tipico dell’incontro con gli ibridi alieni.
Il turbinio della storia dell’arte, non pare averci vaccinati a questi artifici inaspettati, così, che si tratti delle combinazioni metonimiche di Arcimboldo o delle provocazioni surrealiste di Dalì, il confronto con microcosmi dagli equilibri percettivi incerti, continua a lasciarci straniati.
I fiori e le farfalle della Webber, contenuti per eccellenza della tradizione della natura morta, a loro volta si fanno contenitori di piccole azioni umane minime, una sorta di yoga pudico, uno stretching domestico che diventa pattern, decoro formale ripetuto all’infinito. La figura umana è strumento al servizio del soggetto complessivo, animale o vegetale.
Sul crinale della scienza e dell’illusione, l’artista affida all’eternità immaginaria della natura morta, genere che fin dalla classicità tematizza la dialettica tra verità e inganno, tra essenza e apparenza, una personale condensazione delle specie viventi, un’originale creazione di una nuova tassonomia biologica. Il dispositivo estetico che rende possibile tale inganno è l’utilizzo dello sfondo nero, schermo impermeabile al principio di realtà, è il sipario contro il quale viene allestita questa messinscena fantasmagorica.
Attraverso il puro linguaggio dell’invenzione, l’artista dirige il nostro disagio e il nostro godimento, disciplinandoli alle leggi della finzione.
Le composizioni fotografiche della Webber, sono esseri transgenici che, tra il mondo della fotografia e quello della pittura, non disdegnano di invadere anche il terreno del teatro.
In un gioco di continui rimandi alla storia dell’arte, il vero oggetto dell’arte della Webber, è la techne, ossia, la manipolazione grafica digitale.
(c) Tansella Carole
INFO:
Il mondo di Cecelia Webber. Meraviglie dell’arte digitale
15 marzo – 30 giugno 2012
Museo Civico di Storia Naturale di Verona
Tag:Fotografia, Pittura Digitale
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